Nella serata di ieri, domenica 15 dicembre, Report, il noto programma d’inchiesta di Rai 3 condotto da Sigfrido Ranucci, ha dedicato un ampio servizio al progetto del termovalorizzatore di Roma, noto anche come inceneritore di Santa Palomba. L’inchiesta, intitolata Santo Inceneritore e curata dalla giornalista Claudia Di Pasquale, ha portato alla luce numerose criticità ambientali, urbanistiche e procedurali, alimentando un dibattito che coinvolge cittadini, istituzioni e comitati locali.
Le criticità relative ai terreni individuati
Secondo quanto ricostruito da Report, AMA ha acquisito i terreni per il termovalorizzatore di Santa Palomba nell’ottobre 2022, affidando successivamente l’appalto alla sola cordata presentatasi alla gara, guidata da Acea, società mista pubblico-privata. Tuttavia, la scelta dell’area e la gestione dell’intero iter procedurale hanno suscitato forti perplessità.
L’inchiesta ha raccolto le testimonianze di aziende agricole biologiche, imprenditori e cittadini che vivono e lavorano tra Santa Palomba, Villaggio Ardeatino e Borgo Sorano, a meno di un chilometro dal sito in cui dovrebbe sorgere l’impianto. Questi territori, già segnati da criticità ambientali, rischiano di subire ulteriori ripercussioni sia sulla qualità della vita che sulle attività economiche, come la produzione agricola certificata biologica e biodinamica.
Il termovalorizzatore sorgerà in una zona non distante dall’Ospedale dei Castelli e ancora più vicina alla controversa discarica di Roncigliano, una fonte conclamata di inquinamento delle falde acquifere. In questo contesto, la situazione idrica è già critica: i residenti di Villaggio Ardeatino e Borgo Sorano non hanno accesso ad acqua potabile, aggravando il quadro di insostenibilità ambientale. A complicare ulteriormente la vicenda, il Consorzio per lo sviluppo industriale Roma Latina avrebbe classificato i terreni destinati all’impianto come inedificabili, una condizione che rende ancora più inspiegabile la scelta dell’area da parte di Ama.
L’impatto paesaggistico e il “ghetto all’ombra dell’inceneritore”
La Rete Tutela Roma Sud, da sempre in prima linea contro la costruzione del termovalorizzatore di Santa Palomba, ha evidenziato ancora una volta le gravi conseguenze che l’impianto potrebbe avere sul territorio. Secondo la portavoce Elena Mazzoni, il paesaggio dei Castelli Romani rischia di essere compromesso da un’opera che minaccia di trasformare una delle mete più apprezzate per le gite fuori porta dei romani in un’area industriale. Il contrasto tra il patrimonio naturale e culturale della zona e la costruzione di un inceneritore alimenta perplessità sulla compatibilità di tale progetto con il tessuto sociale ed economico locale.
L’inchiesta di Report ha poi posto l’attenzione sulle incongruenze emerse dai documenti ufficiali. Secondo il Piano Rifiuti elaborato dal commissario Gualtieri, la presenza di abitazioni a meno di 1.000 metri dall’impianto rappresenta un elemento di attenzione progettuale, mentre la vicinanza di edifici come scuole, ospedali, impianti sportivi e centri residenziali è considerata un fattore escludente. Nonostante ciò, a circa un chilometro dal sito individuato per il termovalorizzatore è attualmente in costruzione un progetto di housing sociale, sollevando dubbi sulla pianificazione e sulla coerenza con le indicazioni previste dal Piano stesso.
Marco Alteri, consigliere comunale di Albano Laziale e portavoce della Rete Tutela Roma Sud, ha sottolineato le problematiche legate al progetto di housing sociale di Santa Palomba, parte del Piano Integrato (Print) finanziato da Cassa Depositi e Prestiti. Con la previsione di circa mille appartamenti, il Print rischia di collocare nuove abitazioni in una zona priva di servizi essenziali e vicina a un impianto considerato ad alto impatto ambientale. Secondo Alteri, questa scelta potrebbe creare una situazione di grave marginalità sociale, trasformando Santa Palomba in un luogo in cui i futuri residenti si troverebbero a vivere all’ombra di un inceneritore, in un contesto caratterizzato da degrado ambientale e mancanza di infrastrutture adeguate.
Un progetto che rischia di aggravare la crisi idrica dei Castelli Romani
Per quanto riguarda i centri abitati situati nei pressi dell’area designata per il termovalorizzatore, Report ha approfondito la questione delle fonti idriche, già gravemente compromesse. Il Villaggio Ardeatino e Borgo Sorano, ad esempio, non dispongono più di acqua potabile, una condizione aggravata dalla vicinanza dell’ex discarica di Roncigliano. Quest’ultima, monitorata da anni dall’ARPA Lazio, è responsabile dell’inquinamento delle falde acquifere locali. Fabrizio Gismondi, dirigente ARPA, ha confermato che le falde risultano contaminate e che non è mai stata avviata una bonifica poiché non è stata effettuata una caratterizzazione completa del sito, passaggio essenziale per pianificare interventi di recupero ambientale.
A fronte di questa situazione, il Comune di Albano Laziale aveva richiesto l’istituzione di un’area ad alto rischio di crisi ambientale attorno alla discarica, perimetro che si estende fino a meno di un chilometro dal futuro impianto. Il sindaco di Albano, Massimiliano Borelli, ha evidenziato come la normativa vigente vieti la costruzione di impianti inquinanti all’interno di tali aree. Se la legge venisse applicata, ha ricordato, il progetto del termovalorizzatore non potrebbe essere realizzato.
Il servizio ha inoltre esaminato la crisi idrica che interessa l’intera area dei Castelli Romani, con il Lago Albano e di Nemi che stanno subendo un costante abbassamento delle acque. L’ecologo Roberto Salustri, promotore del Coordinamento Natura e Territorio, ha evidenziato come il termovalorizzatore, previsto sopra la falda acquifera dei Castelli Romani, rischi di accentuare la già precaria situazione. L’impianto, infatti, richiederà il prelievo di grandi quantità d’acqua, aggiungendosi ai consumi già elevati dell’area.
Il progetto prevede un fabbisogno di 85.000 metri cubi d’acqua all’anno, da reperire attraverso cinque fonti: il recupero delle acque piovane, l’utilizzo delle acque di condensazione prodotte dall’impianto, il riuso dell’acqua trattata dal depuratore di Albano, l’allaccio alla rete idrica e la costruzione di due nuovi pozzi. Tuttavia, proprio la realizzazione di questi pozzi rappresenta un punto critico, in quanto una legge regionale del 2009 vieta l’apertura di nuovi pozzi in quest’area, sollevando dubbi sulla fattibilità del progetto.
La giornalista di Report, Claudia Di Pasquale si è poi recata presso la sede dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale (AUBAC) a Roma, dove l’11 dicembre è stato presentato il piano per salvare i laghi dei Castelli Romani. Qui è stato affrontato il paradosso di Acea, società che da un lato guida la cordata aggiudicataria dell’appalto per il termovalorizzatore, e dall’altro ha richiesto alla Regione Lazio l’istituzione di un’area di salvaguardia per proteggere il campo pozzi Laurentino. Quest’ultimo è una risorsa fondamentale per rifornire non solo Pomezia e Ardea, ma anche il territorio in cui dovrebbe sorgere l’impianto. Interrogato sulla questione, il Direttore generale di Acea Ato2, Marco Salis, ha evitato di fornire risposte dirette, limitandosi a sostenere che la domanda dovesse essere rivolta agli enti competenti.
La questione è stata posta anche al presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, chiedendogli perché l’area di salvaguardia per la falda acquifera, che avrebbe impedito la costruzione di nuovi impianti per i rifiuti, non sia ancora stata istituita. Rocca ha risposto dichiarando che la Regione sta rivedendo il Piano Rifiuti e che avrebbe preso in considerazione anche questo aspetto, aggiungendo di non essere stato informato in precedenza dei dettagli. Una risposta che, pur mostrando disponibilità, lascia aperti molti interrogativi sulla volontà effettiva di intervenire a tutela del territorio.
Valutazioni lampo e acquisti milionari
Successivamente, Report ha puntato i riflettori sulla società di ingegneria ambientale GE.CO., incaricata di valutare l’idoneità dell’area di Santa Palomba per la costruzione del termovalorizzatore. La relazione prodotta dalla società ha dichiarato il sito idoneo nonostante la presenza di vincoli significativi, aprendo così la strada all’acquisto dei terreni da parte di AMA. Questa valutazione, realizzata in tempi rapidissimi – meno di due settimane – e con un costo di soli 2.000 euro, è stata considerata da molti osservatori come il risultato di una procedura affrettata e priva dei necessari approfondimenti. Grazie a questa relazione, AMA ha potuto finalizzare l’acquisto dei terreni appena 6 giorni dopo, al prezzo complessivo di 7,5 milioni di euro, pari a 75 euro al metro quadro. Un costo che ha suscitato non poche critiche, in quanto ritenuto eccessivamente alto rispetto ai valori di mercato della zona.
Il costo, equivalente a 75 euro al metro quadro, è stato giudicato eccessivo rispetto ai valori di mercato. Secondo una perizia precedente, il terreno avrebbe avuto un valore massimo di 3,58 milioni di euro, considerando che solo il 60% è edificabile, mentre il restante 40% è vincolato da fasce di rispetto consortili e paesaggistiche. Per contestualizzare, un terreno situato a pochi metri di distanza, su cui è stato costruito un capannone Amazon nel 2018, è stato venduto a meno di 13 euro al metro quadro.
L’intermediazione della compravendita è stata curata dal gruppo Me.Ci., che avrebbe incassato una provvigione di 447.000 euro. La valutazione dell’area, invece, è stata affidata a uno studio tecnico di Lanuvio, che ha uniformato il valore del terreno a 75 euro al metro quadro senza considerare le differenze tra le parti edificabili e quelle vincolate. La giustificazione del prezzo si basava su una variante urbanistica non ancora approvata, tanto che un architetto di Ama, membro del CDA, si è rifiutato di firmare i documenti, definendo la valutazione inadeguata e vulnerabile dal punto di vista legale.
Il Fosso della Cancelliera
Un ulteriore nodo affrontato da Report riguarda il Fosso della Cancelliera, un piccolo corso d’acqua che attraversa l’area individuata per il termovalorizzatore di Santa Palomba. Secondo quanto emerso dal servizio, il fosso non è stato menzionato nella perizia dello studio tecnico di Lanuvio incaricato da AMA, nonostante la sua presenza fosse nota e chiaramente visibile nelle mappe catastali.
Il fosso, tra il 2002 e il 2009, sarebbe stato deviato artificialmente, ma nelle mappe catastali risulta ancora seguire il tracciato originale. ACEA, dal 2022, ha classificato la Fossa della Cancelliera non più come un corso d’acqua naturale, ma come un’“opera idraulica”. Questo cambiamento di definizione ha alimentato i sospetti di un tentativo di aggirare i vincoli ambientali che ne avrebbero impedito l’utilizzo per un’opera di tali dimensioni. L’ingegnere Andrea Schiavone, intervistato dalla trasmissione, ha dichiarato che questa riclassificazione sembrerebbe essere stata introdotta appositamente per giustificare il progetto.
Anche Bruno Manzi, presidente di Ama, ha ammesso che la presenza del fosso era un fatto noto. Tuttavia, interrogato sulla mancata considerazione di questo elemento da parte delle consulenze tecniche, ha evitato di fornire spiegazioni esaustive. La giornalista ha insistito sulla questione, sottolineando il paradosso di una relazione che, nonostante costosi incarichi e perizie, sembra non aver tenuto conto di aspetti fondamentali come l’esistenza di un corso d’acqua, la cui deviazione abusiva è stata confermata.
Nel corso della trasmissione, l’urbanista ed ex assessore di Roma Paolo Berdini ha criticato duramente l’approccio adottato, sottolineando l’assurdità di affidare a consulenze esterne decisioni importanti senza coinvolgere l’ufficio stime del Comune di Roma. Ha evidenziato inoltre come la mancata considerazione del fosso non solo alteri il valore del terreno, ma rappresenti una grave violazione dei principi di correttezza e trasparenza.
La trasmissione ha infine evidenziato che l’unico con il potere di intervenire concretamente sarebbe il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. Il governatore, interpellato su due istanze già presentate – una relativa alla falda acquifera inquinata e l’altra all’area di Roncigliano – ha dichiarato di non essere a conoscenza dei dettagli, ma di voler approfondire la questione. La sua posizione resta un elemento cruciale per il futuro del progetto, mentre il dibattito intorno al termovalorizzatore continua ad alimentare indignazione e preoccupazioni tra i cittadini dei Castelli Romani.
Per chi desidera approfondire, il servizio e l’intera puntata di Report sono disponibili per la visione sul sito ufficiale di RaiPlay e tramite l’app dedicata.
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