Ingegneria naturalistica e riforestazione per salvare il patrimonio archeologico dei Castelli Romani

Nota stampa*

Sono stati monitorati i cantieri di ingegneria naturalistica di stabilizzazione dei versanti in prossimità degli antichi Ninfei romani “Dorico” e “Bergantino” a Castel Gandolfo, completati a dicembre 2022, a cura di Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, AIPIN, RESEDA e Archeoclub d’Italia, che agevoleranno la futura apertura al pubblico dei due importanti beni archeologici.

La Soprintendenza Archeologica per l’Area Metropolitana di Roma e la provincia di Rieti ha avviato in data 15/07/2021 lavori di somma urgenza di ripristino e messa in sicurezza dei monumenti archeologici “Ninfeo Dorico” (I sec. a.C.) e “Ninfeo Bergantino” (I sec. d.C.) in Comune di Castel Gandolfo, presso il lago. I lavori, affidati alla Soc. SO.LA.SPE, hanno consentito di attuare degli specifici interventi conservativi sulle strutture e intraprendere un generale trattamento del degrado e un consolidamento delle superfici che presentavano maggiori problemi di distacchi.

A tale scopo si è avvalsa della collaborazione di un tecnico esperto di Ingegneria Naturalistica quale l’ing. Federico Boccalaro (presidente A.I.P.I.N. Lazio, consigliere nazionale Archeoclub d’Italia e presidente della Commissione “Ingegneria Naturalistica” all’Ordine degli Ingegneri di Roma) e di un ecologo esperto quale il dott. Roberto Salustri (presidente di RESEDA onlus e direttore scientifico dell’EcoIstituto RESEDA) per applicare, intorno ai siti archeologici “Ninfeo Dorico” e “Ninfeo Bergantino” in Comune di Castel Gandolfo tecniche di rigenerazione naturale.

L’estensione dell’intervento è di circa 280 mq (Ninfeo “Dorico”) e di 240 mq (Ninfeo “Bergantino”) dove sono state applicate tecniche di ingegneria naturalistica e di rigenerazione degli habitat naturali.

Gli alberi e gli arbusti autoctoni con il genoma locale dei Castelli Romani sono stati forniti dall’orto botanico dell’EcoIstituto RESEDA che grazie al suo vivaio forestale gestito da volontari sta conservando le piante autoctone.

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Le specie vegetali impiegate sono: Acer campestris (fitocella), Arbutus unedo (vaso), Coronilla emerus (vasetto), Ligustrum vulgare (fitocella), Fraxynus ornus (fitocella), Rhamnus cathartica (fitocella), Quercus pubescens (fitocella), Staphylea pinnata (radice nuda), Cornus mas (radice nuda), Cornus sanguinea (radice nuda).

I materiali utilizzati oltre agli alberi sono tronchi di castagno e biostuoie in cocco.
L’obiettivo dell’intervento è di:

  • proteggere il versante dall’erosione superficiale per la piena agibilità dei monumenti archeologici;
  • rallentare le acque di ruscellamento sul versante sovrastante i Ninfei;
  • innescare una vegetazione naturale a il recupero dell’ecosistema locale;
  • promuovere l’utilizzo delle tecniche di ingegneria naturalistica nei territori di Castel Gandolfo, dei siti archeologici e ambientali gestiti dalle Soprintendenze e dal Parco Regionale dei Castelli Romani.

Principi ecologici
È importante negli interventi di ingegneria naturalistica seguire i principi e le tecniche di rigenerazione degli habitat e di conservazione delle specie autoctone. È ormai conosciuto il danno che specie alloctone possono arrecare agli habitat naturali, come ad esempio i danni causati da Robinia pseudoacacia, Ailanthus altissima (Ailanto) e Phytolacca americana. Meno conosciuti, invece, sono i danni da inquinamento genetico causati da uso di piante della stessa specie autoctona ma derivanti da popolazioni non del territorio specifico, danni causati soprattutto a specie della famiglia quercus e cornus. Per questo motivo si è creato un orto botanico e un vivaio forestale specifico della zona dei Castelli Romani per riprodurre e conservare specie autoctone con il genoma territoriale (RESEDA). Altri importanti principi da seguire sono quelli relativi alla consociazione locale tra le varie piante e alla tipologia di suolo che soprattutto in aree con problemi di inquinamento, rifiuti, discariche o di terre di riporto deve essere non solo analizzata ma anche rigenerata e sanificata.

Per tenere conto di questi specifici principi ecologici si sono integrate le tecniche di ingegneria naturalistica con quelle di rigenerazione degli habitat e di conservazione delle specie autoctone, cercando non solo di realizzare un’opera di difesa del suolo e di regolazione delle acque superficiali ma di ricostituire un intero ecosistema.

Referenti del progetto
  • Federico Boccalaro (ingegnere e presidente di AIPIN Lazio (Associazione Italiana Per l’Ingegneria Naturalistica) e consigliere di ARCHEOCLUB D’ITALIA)
  • Roberto Salustri (ecologo e presidente di Reseda onlus)
  • Simona Carosi (archeologa e RUP dei lavori per la Soprintendenza)
  • Gloria Galanti (architetto e Direttore dei Lavori per la Soprintendenza)

* Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, AIPIN, RESEDA e Archeoclub d’Italia.