“Il design sostenibile come adattamento della forma, alla materia disponibile.”

In queste due frasi è racchiusa la filosofia, il senso delle cose, il piacere di lavorare con le mani, di Riccardo Pagnanelli. Architetto, progettista e realizzatore delle sue opere. Tutte costruite con materie recuperate. Realizzate assecondando la materia stessa, esaltando le imperfezioni della materia, che diventano il marchio identificativo di un’estetica sostenibile.

Naturalmente traguardando appena un po’ sullo sfondo si scorge un mondo a rifiuti zero; un modo di produrre che escluda di costruire tutto quello che non possa essere riutilizzato (o al limite compostato); una tecnologia basata sulla durabilità dei prodotti, più che sull’obsolescenza programmata; un’industria che non punti sul rinnovo dei beni di consumo anticipando il fine vita di quanto prodotto per indotte esigenze emozionali, relative alla moda, dettate dalle stagioni commerciali della pubblicità.

Siamo agli antipodi dell’economia basata sull’usa e getta, che riduce tutto a merce, il cielo, la terra e le nostre emozioni.

Riccardo Pagnanelli rappresenta un cambio di paradigma, che non deve essere un episodio singolo, legato a un fenomeno personale o emergenziale. Ma una linea di condotta che dovrebbe essere assunta dalla nostra industria.

Si può fare? Sicuramente! Per trovare la strada occorre una sensibilità collettiva diffusa e un sistema produttivo opportunamente indirizzato. Quanto ancora dovremo aspettare?