L’edificazione del tempio dedicato alla Dea Diana e l’ingegnosa progettazione dell’emissario artificiale
Terremoti antichissimi, eruzioni vulcaniche, colate laviche, vento, acqua, sprofondamenti vertiginosi, formazione di laghi, remoti prosciugamenti. Tutto questo ha contribuito alla formazione dei Colli Albani.
L’accumulo di antiche leggende, comunque fondate su elementi storici, ci portano agli straordinari cataloghi di fatti, racconti e miti narrati da questo territorio, dove dalle origini, le storie si confondono con la storia.
Il tempio in onore di Diana
All’interno di una caldera vulcanica ritenuta ormai non più attiva, si trova il suggestivo lago di Nemi, meta di culto sin dai tempi della Lega Latina, considerato uno dei principali centri religiosi dell’epoca romana. Qui si venerava Diana Aricina, dea dei Boschi, in onore della quale si edificò un tempio alla fine del VI secolo a.C.
L’emissario
Quasi contemporaneamente, fu realizzato l’emissario artificiale: un’opera grandiosa, soprattutto se si pensa alle tecniche utilizzate all’epoca in cui fu scavato.
1.600 metri di lunghezza, con una pendenza sufficiente per far defluire le acque, ma non eccessiva per evitare problemi di erosione delle pareti interne del cunicolo. Due squadre di scavatori, una a monte e una a valle, che hanno lavorato per anni, giorno e notte. Quella di valle ha incontrato subito uno strato di duro basalto ed è avanzata in tutto per 400 metri, prima di incontrare la squadra di monte, avvantaggiata perché alle prese con il più tenero tufo.
Il punto di incontro è segnato da un’intersezione non proprio perfetta, ma certamente sorprendente viste le tecniche del tempo.
Un sistema a discenderia, che a monte impediva di far defluire le acque con i lavori in corso, ossia un tunnel rialzato rispetto al livello del lago, che poi fu sostituito dall’apertura di un diaframma leggermente più in basso del livello delle acque, al momento dell’attivazione dell’opera.
Infine un sistema di controllo del flusso idrico, che ne regolasse la quantità, impedendo al contempo l’ingresso di alberi e ramaglie che avrebbero potuto ostruire il deflusso dell’acqua.
Nei millenni, ci sono stati crolli e smottamenti, per cui il percorso, per chi vuole visitare l’emissario, è pieno di diverticoli e vicoli ciechi.
Il tunnel è abbastanza alto, soprattutto all’inizio, con dei camini di aerazione, ma ci sono alcuni tratti, specialmente quelli scavati nella roccia più dura, che sono assai stretti, in alcuni punti l’altezza non supera il metro. Circa a metà, tanto per aggiungere un po’ di fascino, c’è una sorgente sotterranea e l’acqua invade il percorso, ma solo per 10/15 centimetri di profondità.
All’interno temperatura costante e molta umidità. Tra le altre cose si prova l’esperienza non comune di un luogo completamente buio e senza alcun rumore.
L’accesso presso l’emissario, per quanto possa invogliare i più avventurosi e temerari ad esplorarlo in autonomia, è consentito esclusivamente in occasione di visite guidate organizzate dal parco regionale dei Castelli Romani. Rimane comunque un’esperienza da fare almeno una volta nella vita.
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