La giornata di ieri ha visto la città di Velletri teatro di un agguato in pieno stile da regolamento di conti di stampo mafioso. Partendo da questo episodio, l’Associazione Reti di Giustizia ha diramato un comunicato stampa in cui condivide una riflessione sulla criminalità organizzata a Velletri e nei territori limitrofi, qui di seguito riportato integralmente.
Nel tardo pomeriggio di martedì 29 ottobre, due persone in sella ad uno scooter hanno esploso diversi colpi d’arma da fuoco, due di questi hanno raggiunto Federico Luciani, gambizzandolo: la modalità è quella tipica di un agguato e la pista attualmente seguita dagli inquirenti è quella del regolamento di conti per droga.
Federico Luciani era stato arrestato insieme al fratello Valentino durante la maxi operazione antidroga del giugno 2022; secondo quanto ricostruito nelle indagini i due fratelli si sarebbero organizzati (tramite smistamento di schede telefoniche intestate a soggetti fittizi, l’utilizzo di veicoli a noleggio, forme di comunicazione criptate, individuazione di soggetti preposti alla custodia dello stupefacente e altri dedicati allo spaccio al dettaglio) nel tentativo di espandersi nella piazza di spaccio di Velletri, già contesa tra i gruppi criminali italiani e albanesi.
“Una guerra tra clan”
Il padre dei fratelli Luciani è Tonino Luciani (mai indagato), importante imprenditore locale nel settore dei ponteggi, il quale, secondo talune intercettazioni, sarebbe stato un target del criminale Elvis Demce (al vertice del sodalizio albanese di Velletri), il quale avrebbe dovuto organizzare il rapimento dello stesso su incarico del clan camorristico D’Amico Mazzarella per recuperare 90.000 euro dall’imprenditore.
Lo scooter in sella al quale sono stati esplosi i colpi contro Federico Luciani sembra essere stato oggetto di furto a Napoli e potrebbe rappresentare, quindi, un elemento di connessione tra le vicende appena descritte e confermare la matrice di agguato tipica di una guerra tra clan.
Questi, ovviamente, sono solo alcuni dei pezzi essenziali di un puzzle intricato, ancora oscuro e mai completato, che riguarda il contesto a sud di Roma intorno al Comune di Velletri.
La posizione dell’Associazione Reti di Giustizia
Come Associazione che si occupa di antimafia sociale, dobbiamo tentare di analizzare e capire le dinamiche mafiose che si svolgono nel territorio cercando di rompere faticosamente il silenzio che continua a circondarle o meglio il processo di rimozione e negazione delle stesse da parte della politica e di buona parte dell’opinione pubblica e della cittadinanza.
Ricordiamo che l’attuale sindaco del comune di Velletri Ascanio Cascella dichiarò pubblicamente, in analogia con molti altri sindaci del territorio laziale poi colpiti da operazioni antimafia e commissariati (basti pensare ad Aprilia, Anzio e Nettuno), che la criminalità organizzata “fortunatamente non alberga” in città, la quale al massimo ha un problema di micro-criminalità.
Parole che rovesciano la realtà e screditano il complicato lavoro della procura e delle forze dell’ordine in un territorio già interessato da diversi casi sui quali ancora non è stata fatta chiarezza, in un clima di omertà assoluta, come gli omicidi di De Angelis nel 2011, Di Meo nel 2013 e di Lauro nel 2017.
D’altronde è noto che il Sindaco di Velletri continua ad esercitare la professione di avvocato ed è stato avvocato difensore di esponenti del clan Arapaj e di un esponente del clan Casamonica, macchiandosi, così, di una grave incompatibilità etica (non professionale, in base alla normativa vigente) che dovrebbe essere fortemente stigmatizzata e condannata dalla cittadinanza.
Il silenzio e l’indifferenza alimentano e rafforzano le mafie e diffondono, facendolo espandere capillarmente, il pensiero mafioso, il quale uccide nelle fondamenta il bene comune, rendendo il tessuto sociale succube degli interessi privati, attraverso la sopraffazione, la violenza, l’illegalità diffusa.