È sempre più crescente, in Europa e nel mondo, la discussione intorno alle politiche ambientali. Una discussione spesso franca e che negli anni ha avuto vari interpreti, si ricordi Greta Thunberg, che hanno messo al centro dell’agenda politica delle questioni ormai cruciali per affrontare sia la crisi climatica sia il contesto naturale ed ecologico del pianeta. Eppure, quello che non possiamo ignorare, se vogliamo cambiare gradualmente il nostro di stile di vita e garantire riforme che siano migliori il futuro, sono le implicazioni sociali che proprio le politiche ambientali comportano. Mentre cerchiamo di costruire un domani maggiormente sostenibile, infatti, dobbiamo assicurarci che nessuno venga lasciato indietro perché se non riusciamo a bilanciare questi aspetti, la sostenibilità rischia di diventare un lusso per pochi, creando un divario sempre maggiore tra decisori politici e cittadini comuni. Un divario che sfocia nell’astensionismo o nel voto di “pancia”, tutte scelte che non risolvono un bel nulla.
Un tema molto dibattuto nei Comuni della provincia di Roma e non solo è senz’altro, in questo periodo, quello dei rifiuti e della tassa T.A.R.I. In Italia, fin da quando l’allora ministro dell’Ambiente, Edoardo Ronchi, presentò la proposta di legge destinata a rivoluzionare la gestione dei rifiuti in Italia con il D. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, noto come Decreto Ronchi, è stato introdotto il principio “chi più inquina più paga”. Un principio, sebbene e, all’apparenza, equo che, palesandosi nelle bollette, rischia di penalizzare ingiustamente le famiglie numerose. Le famiglie numerose, infatti, sono quelle che producono più rifiuti, ma non sempre dispongono necessariamente di maggiori risorse economiche. Così il rischio reale è che una famiglia di quattro persone potrebbe trovarsi a pagare molto di più rispetto a una persona singola, nonostante il reddito pro capite sia inferiore. E proprio questo è quello che è successo in questi giorni a Rocca di Papa, dove da consigliere comunale chi scrive sta cercando di affrontare la questione con concretezza, ma anche in tanti altri Comuni dei Castelli Romani perché, dall’entrata in vigore dei nuovi parametri Arera dal 2021, è evidente che le famiglie numerose, già gravate da altri costi, non possono essere ulteriormente penalizzate da tariffe inique. Serve, quindi, un approccio più equilibrato da parte dei decisori politici che tenga conto sia delle esigenze ambientali sia di quelle sociali.
Il paradosso delle auto elettriche
Dopotutto, un approccio ideologico ai temi ambientali non è per forza di cose sinonimo di sviluppo sostenibile. Consideriamo le auto elettriche, un mantra europeo di questi ultimi anni. Sono sì promosse come una soluzione ecologica per ridurre le emissioni di CO2, ma il loro alto costo le rende accessibili solo ai più benestanti. Le famiglie meno abbienti continuano, infatti, a utilizzare veicoli più vecchi e inquinanti, non potendo permettersi alternative ecologiche e domani questo creerà da un lato una nuova forma di disuguaglianza in cui i ricchi possono permettersi di essere ecologicamente responsabili, mentre i poveri sono lasciati a inquinare di più e a subire maggiori costi legati all’inquinamento e dall’altro il fatto che i meno fortunati andranno a rivolgersi a un mercato diverso, magari in Cina, dove gli standard ambientali sono senz’altro diversi dai nostrani..
Il contesto normativo europeo
Molte delle normative italiane, in materia ambientale ma non solo, derivano da direttive europee. Tornando ai rifiuti, l’Unione Europea stabilisce standard rigorosi per la gestione degli stessi e la promozione delle energie rinnovabili. Tuttavia, se queste politiche non vengono accompagnate da misure di sostegno sociale, rischiano di avere effetti regressivi. Le politiche europee, e le politiche in generale, devono tener conto delle diverse realtà economiche e sociali degli Stati membri per evitare di ampliare le disuguaglianze esistenti ma soprattutto per evitare che le politiche ambientali aggravino le disuguaglianze sociali. Per questo appare quanto mai chiaro che la politica, a partire dai territori, deve adottare un approccio basato sul principio di realtà andando a considerare le effettive condizioni di vita delle persone prevedendo, ad esempio, la riforma delle tariffe TARI con una modulazione basata non solo sulla quantità di rifiuti prodotti, ma anche sulla superficie dell’abitazione e sulla composizione del nucleo familiare in considerazione del reddito Pro capite.
La crisi demografica
Perché poi, niente ormai può essere affrontato a “compartimenti stagni”. E, infatti, a complicare ulteriormente la situazione è la crisi demografica che l’Italia, e il mondo occidentale in generale, sta attraversando. Dal 2008 al 2023, le nascite sono diminuite drasticamente, passando da 576.000 a 379.000. Questo inverno demografico è accompagnato da un aumento dell’età media della popolazione e da un numero crescente di anziani. Gli ultra 65enni rappresentano ormai il 24,3% della popolazione, e il numero degli ultra 80enni supera quello dei bambini sotto i 10 anni. La denatalità non solo compromette la sostenibilità del sistema previdenziale e sanitario, ma riduce anche la forza lavoro futura, aumentando la pressione su una popolazione già in declino. Una pressione che, a cascata, ricadrà sui figli di domani ma che inizieranno a pagare i cittadini di oggi.
Le politiche ambientali, insomma, devono essere progettate considerando le implicazioni sociali e qualsiasi maggioranza politica, dal glocale al locale, ci sarà a governare i processi è bene che si guardi con attenzione intorno perché non possiamo permetterci di creare un sistema in cui solo i più ricchi possono essere ecologicamente responsabili, mentre i meno abbienti continuano a subire le conseguenze dell’inquinamento. Le nostre politiche devono, oggi più che mai, promuovere la sostenibilità ambientale e l’equità sociale, garantendo che tutti possano partecipare alla transizione ecologica senza essere ingiustamente penalizzati.
Insomma, dato il periodo calcistico poco fortunato per gli Azzurri, evitiamo anche in questo caso di farci autogol. È un monito ma, a ben guardare, anche una speranza.