Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa del Coordinamento Natura & Territorio dei Castelli Romani il livello dell’acqua del Lago Albano.


Per la prima volta il Lago Albano raggiunge il drammatico livello di -6,5 metri rispetto al normale: le proposte del Coordinamento Ambientalista dei Castelli Romani restano inascoltate da Comuni e istituzioni. Intanto, parte la procedura per danno ambientale.

Da oltre 40 anni, i dati sul livello dei laghi e la quantità di piogge sono rilevati dai volontari: un lavoro iniziato dal WWF Castelli Romani nel 1984 e oggi portato avanti dal Coordinamento Natura & Territorio. Quattro decenni di misurazioni dimostrano inequivocabilmente che l’abbassamento dei laghi è il risultato di un eccessivo sfruttamento delle risorse idriche, non della carenza di piogge.

Non bastano i tavoli tecnici, che si trasformano troppo spesso in strumenti per guadagnare tempo senza affrontare i problemi reali. Le soluzioni esistono da tempo, ma non vengono applicate. È ora di smettere di confondere i cittadini con slogan populisti o soluzioni superficiali: il problema non è rimettere l’acqua nei laghi, ma ridurre i consumi idrici entro limiti sostenibili per i bacini idrici.

Le associazioni sono già al lavoro per organizzare una nuova manifestazione il 2 febbraio 2025, in occasione della Giornata Mondiale delle Zone Umide. L’evento è stato istituito dal coordinamento nel 2019 come “Giornata collettiva di lotta per i laghi”. Nel 2024, più di 600 partecipanti e 40 associazioni hanno preso parte alla camminata di protesta, un evento in cui esperti e attivisti hanno spiegato ai cittadini la gravità della situazione e la necessità di interventi concreti.

Nel 2009, grazie agli sforzi delle associazioni, la Regione Lazio ha riconosciuto lo stato di emergenza per i laghi, implementando misure di tutela per le falde acquifere. Nonostante siano trascorsi 15 anni, nessun Comune ha ancora adottato queste misure. Per questo il coordinamento delle associazioni ha scritto ai Comuni per iniziare un’azione popolare per danno ambientale con la consulenza dell’esimio giurista e magistrato italiano Paolo Maddalena, che ha ricoperto l’incarico di giudice costituzionale.

Da oltre 40 anni, le istituzioni pubbliche hanno cercato di tranquillizzare l’opinione pubblica con iniziative occasionali, prive di continuità e raramente tradotte in azioni concrete. Nel frattempo, sono state diffuse informazioni spesso distorte per minimizzare il problema o deviare l’attenzione, attribuendo responsabilità a fattori esterni come il cambiamento climatico, i voli dei Canadair, il Vaticano, la ceduazione del castagno o addirittura i terremoti.

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Tuttavia, le prove scientifiche parlano chiaro. Studi autorevoli condotti da università e dalla Regione Lazio confermano che il fenomeno è strettamente locale: l’abbassamento dei livelli dei laghi è il risultato diretto del progressivo esaurimento della falda acquifera dei Castelli Romani. Questo è causato da un consumo idrico complessivo che supera del 110% la capacità di rigenerazione naturale garantita dalle piogge. Il tempo delle scuse è finito: servono interventi immediati e decisi per fermare l’emorragia delle risorse idriche prima che il danno diventi irreversibile.

Per fermare l’abbassamento delle falde, le soluzioni sono principalmente due. La prima è la riduzione dei consumi di acqua da parte di cittadini e attività produttive, da studi recenti basterebbe ridurre del 30% i consumi, un obiettivo facilmente raggiungibile. Nei Castelli Romani, il consumo idrico è più del doppio della media nazionale, con un grande spreco destinato alla manutenzione di giardini privati e zone residenziali. Ad esempio il progetto della nuova conduttura di Ariccia, che prenderebbe l’acqua dal Lago Albano per alimentare la zona di Monte Gentile, una delle più grandi lottizzazioni dei Castelli.

La seconda è porre un freno definitivo alla cementificazione e all’asfalto, con una moratoria totale su tutti i Castelli Romani sulle nuove costruzioni. Ciò non rappresenta un problema per la cittadinanza, poiché la popolazione è stabile, e ci sono numerosi edifici da recuperare, sia nei centri storici sia nelle aree limitrofe.

Alcuni suggeriscono di ripristinare il livello dei laghi prelevando acqua da altre fonti esterne e immettendola nei bacini. Tuttavia, questa idea è profondamente insostenibile e potrebbe danneggiare gravemente l’equilibrio ecologico dei laghi. Da dove arriverebbe quest’acqua? Le risorse idriche locali dei Castelli Romani sono già in deficit. Spostare acqua da altre aree, come i bacini dei Monti Simbruini, non farebbe altro che trasferire la crisi idrica da una zona all’altra, aggravando il problema su scala più ampia.

Anche le proposte di utilizzare acqua del Tevere o persino acqua marina, magari trattata, presentano rischi enormi. L’introduzione di acqua con caratteristiche chimiche e biologiche diverse comprometterebbe l’ecosistema lacustre, inserendo potenziali agenti inquinanti e alterando il fragile equilibrio naturale dei laghi. Questo intervento potrebbe rendere il danno irreversibile.

È essenziale che sia i Comuni sia i cittadini comprendano che la soluzione non è quella di “aggiungere” acqua da fonti esterne, ma piuttosto di proteggere e gestire responsabilmente le risorse idriche già disponibili, riducendo sprechi e consumi eccessivi. La priorità deve essere la sostenibilità e la salvaguardia degli equilibri naturali.

Il Coordinamento invita associazioni e cittadini a unirsi all’azione popolare per danno ambientale. Per informazioni e adesioni soslaghi@resedaweb.org.

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