Tutti conoscono il lago Albano, una delle mete più amate dei Castelli Romani, frequentatissimo da turisti e residenti. Situato a pochi chilometri da Roma, questo splendido specchio d’acqua vulcanico è famoso per le sue acque cristalline e le vedute mozzafiato. Eppure, nonostante la sua notorietà, esistono angoli nascosti e poco conosciuti che raccontano storie affascinanti e regalano momenti di tranquillità. Scopriamo insieme cinque posti segreti che caratterizzano questo luogo, offrendo un viaggio tra storia, natura e mistero.

Villaggio delle Macine

Esci dal tunnel stradale e parcheggi sul lungolago. Di fronte un boschetto, è strano, tutto intorno ombrelloni e sdraio e lì niente. Nascosto tra gli arbusti c’è un villaggio preistorico, risalente a circa 2000 anni a.C. È il Villaggio della Macine, il villaggio palafitticolo più grande d’Europa, rinvenuto nel 1984 a seguito della segnalazione del ritrovamento di un’ascia di bronzo. L’estensione dell’area di ritrovamento è di circa un ettaro e nel corso degli anni sono state recuperate una grande quantità di macine sotto il livello dell’acqua. Da qui il nome del sito.

Il recente e progressivo abbassamento delle acque del lago ha messo in luce il basamento dei pali il legno che sostenevano le palafitte. Esposto all’aria il legno tende a deteriorarsi e polverizzarsi. È tuttavia possibile osservare ancora la loro presenza.

Emissario

La leggenda narra che il responso dell’oracolo di Delfi fu che, “Roma non avrebbe espugnato Veio fin quando l’acqua del lago non avesse raggiunto il mare”. E così fu costruito (in realtà riattivato) l’emissario. Era il 397 a. C. e l’anno successivo, Roma prevalse sull’etrusca Veio.

Naturalmente la storia è più complessa e qui le date sono quelle di una leggenda. L’emissario ha funzionato per almeno 2500 anni e ora è rimasto a secco, perché il livello dell’acqua è più basso di circa cinque metri.

L’emissario si trova lungo via dei Pescatori, a circa un chilometro dall’inizio della strada c’è un piccolo ponte, poco visibile, se non per il parapetto in metallo. Sotto c’è un antico ponte in blocchi di pietra.

Il punto di imbocco, l’incile, è spettacolare e in casi particolari viene aperto alle visite. L’emissario invece è praticabile con molta difficoltà solo da esperti speleologi subacquei. Con un percorso di meno di 2 chilometri è attraversata la montagna sotto Castel Gandolfo e l’acqua arriva, anzi, arrivava ai fontanili subito a valle dell’attuale cimitero di Castel Gandolfo, sotto l’Appia.

Per millenni l’emissario ha stabilizzato il livello del lago, ha evitato tracimazioni, inondazioni e impaludamenti e ha fornito acqua per l’agricoltura a valle.

Ninfeo Dorico

Scendendo al lago da Castel Gandolfo, si supera il passaggio a livello e poi la lunga discesa finisce davanti a uno slargo, con rotonda e parcheggio. Guardi a sinistra e vedi una parete di tufo quasi a picco, alla base di monte Cucco. Scavato nel peperino vulcanico si nasconde il Ninfeo Dorico. È praticamente inaccessibile e per arrivarci bisognerebbe superare la baracca metallica dell’Anas, che sta proprio alla fine della discesa.

Il ninfeo era un luogo di ozio, dove si poteva riposare, mangiare, conversare. Se si ha la fortuna di entrare appare subito chiaro che è stato realizzato non a caso orientandolo in direzione di monte Cavo. L’arco a tutto sesto che conclude la volta – guardando da dentro – incornicia la visuale sul lago e sul Mons Albanus sacro ai Latini e ai Romani poi.

Il Ninfeo non è troppo grande (11 metri per 6; la volta è alta 8 metri). Le nicchie dovevano ospitare una serie di statue e le numerose canalette ancora intuibili attivavano giochi d’acqua. Un silenzioso luogo di frescura, come si presenta ancora oggi.

Ninfeo Bergantino

Anche questo luogo è difficilmente visitabile, aperto di rado e in occasioni speciali. Si trova lungo via dei Pescatori, pochi metri prima del Centro Sportivo Olimpico.

È un ninfeo ricavato da una imponente grotta naturale. Risale al I secolo a.C., quando tutto l’invaso del lago Albano faceva parte della grandiosa villa di Domiziano.

Il Ninfeo venne riscoperto durante alcuni scavi clandestini a metà dell’800. La maggior parte dei reperti rinvenuti sono conservati nell’Antiquarium della villa Barberini, a Castel Gandolfo, molti altri invece sono andati perduti. Nel ninfeo sono rimaste solo alcune tracce degli originari mosaici, che furono lungamente depredati all’inizio del secolo scorso, quando venivano venduti a pezzi per poche lire a improbabili acquirenti.

Il nome deriverebbe dalla consuetudine di usarlo come rimessaggio di barche, tra cui un brigantino, nome corrotto poi in “bergantino”.

Il Ninfeo Bergantino si trova proprio di fronte al lago e doveva essere un sorprendete luogo di delizie, con statue e giochi d’acqua.

Eremo di Sant’Angelo in lacu

Questo è veramente un luogo segreto, difficile da raggiunge. Qualcuno ne ha sentito parlare, ma pochi ci sono stati, anche per le difficoltà di individuarlo e raggiungerlo. Nel caso che si abbia voglia di andarci non sarebbe male portarsi una corda, perché ci sono un paio di passaggi in cui potrebbe risultare utile, anche se non essenziale.

Si deve seguire il sentiero che dalla sbarra dei Cappuccini, non lontano dal ristorante Miralago, corre a mezzacosta in direzione del convento di Palazzolo. Arrivati alla cabina dell’acqua girare a sx verso il lago e scendere.

Con ogni probabilità fu un luogo di culto precristiano, ma solo nel 1116 l’eremo è citato per la prima volta, in una bolla papale. Dal XIII secolo fu abitato dai padri Guglielmini di Montevergine, che impiantarono addirittura dei frutteti (sembra incredibile nel vedere il posto ora), i cui frutti erano inviati alla mensa papale di Castel Gandolfo.

L’eremo fu abitato dai frati fino al XVII secolo. Nel 1773 il Cardinale Colonna ordinò di distruggerlo, perché, ormai abbandonato, era divenuto rifugio di briganti.

Del complesso attualmente si riconoscono la cappella e i ruderi di un campanile. Ci sono poi molti altri resti, tra cui spicca un “pensatoio” scavato nella roccia.

Il luogo è affascinante proprio per l’alone di mistero che lo caratterizza ed è plausibile che sia diventato un luogo di culto proprio per questo. Tra la fitta vegetazione che lo circonda, il lago sottostante si intravede, ma basta per essere catturati dalla bellezza dei panorami.