Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha emesso una sentenza che rischia di impattare direttamente lo sviluppo urbanistico di Ciampino, bloccando l’avanzamento del Piano di Zona ‘Casabianca’. Questa decisione segna un punto di svolta in una vicenda che si trascina da oltre quattro decenni, dimostrando la complessità delle questioni urbanistiche nella Regione.

Un lungo iter giuridico

La disputa ha radici profonde, risalendo al 1981 quando fu approvato il Piano di Zona ‘Casabianca’ con l’obiettivo di trasformare un’area di 40mila metri quadrati in un nuovo quartiere. Due proprietari terrieri, con lotti che complessivamente si estendono per circa 21mila metri quadrati, hanno intrapreso azioni legali contro il Comune di Ciampino per l’inadempienza nell’attuazione del piano, richiedendo l’esproprio o un’acquisizione sanante dei loro terreni.

La sentenza ha rigettato il ricorso presentato dai proprietari terrieri principalmente per questioni procedurali e interpretative legate agli obblighi del Comune rispetto al Piano di Zona. I giudici hanno valutato vari aspetti legali, inclusi i termini di prescrizione e l’applicabilità di specifiche norme urbanistiche e di espropriazione.

Le conseguenze della decisione

La sentenza del TAR non solo arresta i piani di sviluppo per ‘Casabianca’ ma solleva anche interrogativi sull’equilibrio tra sviluppo urbano e diritti dei proprietari terrieri. La localizzazione strategica dell’area, vicino al centro di Ciampino e all’aeroporto, sottolinea l’importanza di una pianificazione attenta che rispetti le esigenze sia della comunità che dei singoli.

Il caso ‘Casabianca’ emerge, dunque, come emblematico delle sfide urbanistiche nell’area dei Castelli Romani. Mentre la decisione del TAR mette momentaneamente in pausa il progetto, la discussione su come bilanciare crescita e conservazione continua a essere di attuale interesse per la comunità di Ciampino e di tutti i Castelli Romani.