Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha emesso due sentenze (n. 22650 e 22659), pubblicate ieri, che confermano la legittimità di altrettante ordinanze di demolizione emesse dal Comune di Monte Compatri. Le decisioni, che coinvolgono complessivamente 1.200 metri quadrati di opere abusive, rafforzano il principio secondo cui la tutela della legalità urbanistica è prioritaria, indipendentemente dal tempo trascorso o dalla responsabilità diretta dei proprietari attuali.

Le ordinanze contestate, risalenti al 2018, riguardano una vasta gamma di manufatti: edifici industriali e residenziali privi di titolo edilizio, strutture accessorie come portici, muri di delimitazione, pavimentazioni, aree adibite a parcheggio e scavi di terreno. Le costruzioni abusive si estendono su terreni sottoposti a vincoli urbanistici e paesaggistici preesistenti, elementi che rendono l’intervento repressivo obbligatorio da parte dell’amministrazione comunale.

Le motivazioni alla base delle decisioni del TAR

Le sentenze chiariscono alcuni principi giurisprudenziali fondamentali in materia di abusivismo edilizio.

  1. Obbligatorietà dell’azione repressiva: il Comune ha l’obbligo di ordinare la demolizione delle opere realizzate senza titolo edilizio, trattandosi di un’attività amministrativa vincolata. La legge non prevede margini di discrezionalità in simili circostanze.
  2. L’abuso è un illecito permanente: il decorso del tempo, anche se considerevole, non può mai legittimare un’opera abusiva. Il carattere permanente dell’illecito edilizio obbliga l’amministrazione a intervenire, a prescindere da quando l’abuso sia stato realizzato o scoperto.
  3. Responsabilità del proprietario attuale: la demolizione può essere imposta al proprietario dell’immobile, indipendentemente da chi abbia realizzato materialmente l’abuso. La sanzione ha natura reale, colpendo direttamente l’immobile irregolare.
  4. Illegittimità dei condoni negati e non impugnati: nel caso in cui siano stati presentati condoni edilizi respinti dall’amministrazione e non contestati entro i termini di legge, il diniego diviene definitivo. Di conseguenza, le opere interessate devono essere considerate abusive a tutti gli effetti.

Le contestazioni sollevate dai ricorrenti – tra cui la mancata notifica a tutti i comproprietari, l’inesattezza nella descrizione delle opere e l’assenza di avviso di avvio del procedimento – sono state giudicate irrilevanti. Il TAR ha ribadito che l’interesse pubblico al ripristino della legalità urbanistica prevale su ogni obiezione di natura formale. Anche la presenza di sequestri giudiziari, addotta in uno dei ricorsi, non è stata considerata un ostacolo: in questi casi, infatti, l’amministrazione è tenuta a chiedere il dissequestro finalizzato alla demolizione.

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Ripristinare la legalità nei Castelli Romani

Le due sentenze s’inseriscono in un contesto territoriale particolarmente delicato, quello dei Castelli Romani, dove la presenza di vincoli paesaggistici, ambientali e urbanistici impone un controllo rigoroso sulle attività edilizie. Il Tribunale ha confermato che la rimozione delle opere abusive non può essere procrastinata, a maggior ragione quando gli interventi realizzati hanno un impatto importante sul territorio e sul paesaggio circostante.

Queste pronunce rappresentano un segnale chiaro: l’abusivismo edilizio non può trovare legittimazione nel tempo. Anche a distanza di molti anni, il dovere delle amministrazioni locali è quello di intervenire con fermezza, riportando i luoghi al loro stato originario e tutelando così l’integrità del paesaggio e delle normative urbanistiche.


Foto d’archivio utilizzata a scopo illustrativo. Non è riferita ai fatti specifici di Monte Compatri e alla demolizione oggetto della sentenza del TAR.

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