Alla ricerca di un equilibrio: l’interazione tra la fauna selvatica e le comunità locali

Il cinghiale è un animale che da diverso tempo viene annoverato tra i vari problemi delle amministrazioni locali non solo dei Castelli Romani, ma anche di molte altre aree del territorio nazionale (pensiamo anche a Roma). La sua presenza, infatti, non passa inosservata: branchi in cerca di cibo nei centri abitati, rovistano tra i rifiuti o danneggiando campi coltivati.

Su molti fronti quella del cinghiale è una presenza spesso scomoda, che rappresenta un vero problema per le amministrazioni locali e per gli enti competenti.

Il cinghiale dei Castelli Romani

Il cinghiale che si trova nei Castelli Romani, e in buona parte d’Italia, non è autoctono, contrariamente a quanto si possa immaginare. Il cinghiale nostrano è infatti ormai scomparso, sostituito da popolazioni ibride nate dall’incrocio tra quello da sempre presente nel nostro territorio e quello introdotto negli ultimi decenni, attraverso numerose e incontrollate pratiche di reintroduzione a scopo venatorio.

Il cinghiale è dotato di una grande capacità riproduttiva e di adattamento, riuscendo a popolare anche zone non propriamente ideali al proprio sviluppo (come nel caso della sua massiccia presenza lungo tutto l’arco alpino). Ma al primo posto tra le principali cause della sua prolificazione troviamo, senz’ombra di dubbio, l’uomo.

I motivi della proliferazione

In primo luogo, perché l’uomo, reintroducendolo in modo incontrollato e in seguito cacciandolo, ne ha aumentato la presenza. Seppur controintuitivo, sono molti gli studi scientifici che dimostrano come la caccia provochi un incremento delle capacità riproduttive negli esemplari sopravvissuti. Così facendo, questi cinghiali beneficiano di maggiore disponibilità di cibo e quindi riescono ad andare in estro prima e ad avere immediatamente dopo una prole più numerosa.

Dunque, l’abbattimento selettivo (come quello “sportivo”) non rappresenta una soluzione efficace nel controllo della proliferazione dei cinghiali. Infatti, questa pratica non ha saputo ristabilire un equilibrio nella popolazione del cinghiale, senza contare che l’ambiente naturale ha una certa capacità di adattamento ai fattori a cui viene sottoposto. Quindi, col tempo le popolazione di cinghiali si ripresenterebbe sempre in condizioni migliori e – sembrerà strano a dirlo – cosciente del fatto che qualcuno gli dia la caccia.

Ecco un altro motivo del perché vediamo sempre più branchi di cinghiali nelle nostre città: le zone abitate sono più sicure per i cinghiali, poiché non troveranno un cacciatore che vuole sparargli. In più, sono aree ben fornite di cibo: basti pensare alle tante microdiscariche sparse per le nostre città.  Una buona gestione dei rifiuti, specialmente di quelli organici, consentirebbe di avere delle città più pulite e soprattutto priva di una fonte alimentare così facilmente accessibile. Tra i tanti benefici, questa buona pratica comporterebbe che gli animali selvatici, non trovando più cibo disponibile, non sarebbero più portati ad uscire fuori dalle aree boscate. Una misura tanto banale quanto difficile da applicare concretamente sui territori.

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Un’altra causa della presenza spropositata del cinghiale è sicuramente l’assenza del lupo. Rappresenta il predatore naturale del cinghiale e costituirebbe una potenziale forma di controllo naturale. Attualmente, però, la presenza del lupo nei Castelli Romani si limita a qualche sparuto avvistamento.

Alla ricerca di soluzioni efficaci e condivise

La gestione della presenza dei cinghiali nei Castelli Romani è una questione che richiede attenzione e interventi mirati. Come riportato dal Parco dei Castelli Romani, l’ente ha intrapreso misure preventive per contrastare l’ingresso della fauna selvatica, in particolare cinghiali e istrici, nelle coltivazioni della zona.

Tra le iniziative adottate, il Parco mette a disposizione moduli di recinzione con rete elettrosaldata, assegnati in comodato d’uso gratuito ai proprietari di terreni adibiti a coltivazioni o allevamenti. Questa rete, grazie alla sua solidità, viene interrata a circa quaranta centimetri di profondità e ancorata alla recinzione esistente, impedendo agli animali di scavare e accedere alle aree coltivate. L’obiettivo è favorire una convivenza equilibrata tra animali selvatici e attività umane nel parco, senza ricorrere a misure drastiche.

Un altro fra i metodi che sta dando risultati migliori per tenere lontani i cinghiali da determinate zone è l’installazione di una recinzione elettrificata. Seppur costosa e non ottimale sotto il profilo ecologico (recintare delle vaste aree di territorio limiterebbe la permeabilità della fauna tra una zona e l’altra), la realizzazione di un perimetro elettrificato risulta più efficace di altri interventi, ma sono ideali solo quando applicate per delimitare piccole aree, come gli orti familiari.

L’equilibrio tra biodiversità e comunità locali

La questione dei cinghiali nei Castelli Romani è emblematica di un tema generalizzato: trovare un equilibrio tra la tutela della biodiversità e le esigenze delle comunità locali. L’approccio del Parco dei Castelli Romani, che combina misure preventive con soluzioni innovative, rappresenta un esempio di come sia possibile gestire in modo sostenibile la convivenza tra uomo e fauna selvatica. Ma ancora non è sufficiente.

È fondamentale che tali interventi siano accompagnati da una maggiore sensibilizzazione della popolazione e da una collaborazione attiva tra enti pubblici, agricoltori e cittadini. Solo attraverso un impegno condiviso e una visione a lungo termine si potrà arrivare a una soluzione o quantomeno a un’attenuazione del problema per l’intero territorio dei Castelli Romani, dove la presenza dell’uomo possa coesistere meglio con la natura di cui fa parte.

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