Quando i boscaioli sfidarono il potere dei Colonna e la Chiesa in nome dei diritti e della libertà.

Il 1° maggio del 1855 era un martedì e la festa dei lavoratori non era ancora stata istituita. A Rocca di Papa sarebbe stato un giorno come un altro: qualche nuvola in cielo e la primavera che tardava a farsi avanti.

Ma la data assume un rilievo particolare: quel giorno Rocca di Papa si autoproclama Repubblica. Più esattamente, un manipolo di alcune centinaia di boscaioli, con un atto di rivolta senza precedenti, issa un berretto rosso sopra “l’albero dell’indipendenza” in piazza dell’Erba, la principale del paese (oggi piazza Garibaldi). I rivoltosi sostituiscono lo stemma pontificio con la scritta “Dio e Popolo”, non senza qualche contraddizione, visto che il papa rappresentava sicuramente parte del potere che stavano combattendo.
Infatti fu proprio papa Pio IX – che per l’accaduto dovette rinviare il suo soggiorno a Castel Gandolfo – a inviare immediatamente centinaia di gendarmi per sedare quella che per il potere rappresentava una rivoluzione da reprimere con ferocia.

L’eco di questo atto rivoluzionario fu enorme e rimbalzò addirittura nelle cancellerie degli stati europei. Qualche illuminato lo considerò come un segno dei tempi. La “Primavera dei popoli”, i moti rivoluzionari del 1948, c’erano stati da poco e la loro memoria era ancora vivida.

A Rocca di Papa i boscaioli, secondo un’espressione dell’epoca, ancora usata oggi, volevano «fare un quarantotto». Abbattere il potere che li opprimeva e difendere i loro diritti. Questo aspetto fu piuttosto sfumato nelle cronache di allora, o comunque fu posto molto più in risalto l’atto di sedizione.

Le ragioni della sollevazione non erano dettate da astratti ideali liberali, al contrario erano molto concrete: i Colonna, il potente casato che dominava questo territorio, con una serie di bassi raggiri aveva di fatto impedito il diritto di legnatico e carbonatico a chiunque. I boscaioli del posto, che da secoli vivevano del lavoro dei boschi, si trovarono improvvisamente senza un lavoro e senza la possibilità di sopravvivere. Una bolla papale del 1425 che garantiva il prelievo di legna alle popolazioni fu bellamente disattesa dai Colonna, che disboscarono i terreni per avviarli all’agricoltura. Insomma il classico esempio di un potere assoluto che non considera i diritti acquisiti e impone se stesso e i propri esclusivi interessi.

I boscaioli del posto capiscono bene la situazione e fanno l’unica cosa che era loro rimasta: ribellarsi. La notte del 30 aprile si organizzano e con grande coraggio all’alba del 1° maggio diventano protagonisti, consapevoli forse che non avrebbero potuto vincere contro i principi Colonna, spalleggiati dalla chiesa.
La rivoluzione fu repressa in pochi giorni, i capi dei rivoltosi arrestati e, nel 1955, dopo cento anni dai fatti, nella piazza teatro della rivolta fu posta una lapide che ricorda la sollevazione “contro l’oppressore feudale”, a “retaggio spirituale della libertà repubblicana e della giustizia sociale”.