Il sindaco di Roma conferma la scelta di delocalizzazione e invia in Regione l’ordinanza

Non sembra avere fine il rapporto travagliato fra i cittadini di Ciampino e La Barbuta, area limitrofa facente parte del territorio comunale di Roma. Dopo l’appello dell’Amministrazione Comunale di Ciampino ai Ministeri dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, della Cultura e della Difesa a esprimersi in merito all’inidoneità del sito a ospitare gli autodemolitori di via Togliatti, ora è la volta di Alessandro Porchetta e Francesca De Rosa (Consiglieri Comunali per Diritti in Comune), che criticano duramente l’ordinanza trasmessa dal Sindaco di Roma alla Regione, in cui Gualtieri indica La Barbuta come sito scelto per il trasferimento di ben 25 impianti di demolizione.

Il contenuto del documento

Nell’ordinanza di Gualtieri verrebbe richiesta una deroga ministeriale a ogni vincolo che attualmente impedisce di portare gli autodemolitori a La Barbuta, appellandosi al potere di “Commissario Straordinario di Governo per il Giubileo della Chiesa Cattolica 2025” e di “Commissario per i rifiuti di Roma e Città Metropolitana”, nonché al “rilevante interesse pubblico all’ipotesi di localizzazione di centri di raccolta e di impianti di trattamento di veicoli fuori uso, nonché impianti di rottamazione, sull’area de La Barbuta”.

Ironicamente, l’ordinanza di Gualtieri sosterrebbe che il trasferimento degli autodemolitori sia necessario per rispettare le tutele paesaggistiche esistenti su via Palmiro Togliatti. Che potrebbe anche essere una motivazione valida, se non fosse che l’area de La Barbuta è anch’essa tutelata da una serie di vincoli, come riportato in maniera approfondita nella relazione tecnica consultabile sul sito web del movimento Diritti in Comune.

I vincoli archeologici

Con decreto ministeriale del 1998, l’area de La Barbuta è stata compresa tra le zone di interesse archeologico, un atto dettato dalla vicinanza del Parco dell’Appia Antica, essendo “il naturale completamento, trattandosi di aree ancora ricche di verde, di testimonianze e di monumenti, morfologicamente, archeologicamente e storicamente connessi al contesto del Parco dell’Appia”.

A testimonianza di questo, nel 2006 alcune indagini archeologiche hanno portato alla luce una rete idrica sotterranea (da ricollegare all’acquedotto che troviamo a circa un chilometro oltre il Raccordo) e i resti di una villa rustica di epoca medio repubblicana, le cui strutture murarie si conservano a livello del terreno.

È evidente come questo decreto sia stato ignorato nel tempo, considerando che il Campo Rom (aperto nel 1996 dall’allora Sindaco Rutelli) sia rimasto in funzione per ben 25 anni, prima che venisse dismesso nel 2021. Ancora più grave il fatto che nel 2010 fu addirittura ampliato dalla Giunta Alemanno, nonostante i vincoli a quel tempo già esistenti che richiedevano di intervenire a difesa dei beni archeologici dell’area, all’epoca ritrovati da poco.

I vincoli urbanistici

Il decreto ministeriale del 1998, oltre alla tutela per l’interesse archeologico, sottopone l’area de La Barbuta alla tutela paesaggistica, essendo compresa nel Piano Territoriale Paesistico 15/12 “Valle della Caffarella, Appia Antica e acquedotti” della Regione Lazio.

In breve, le norme del Piano prescrivono che l’area della Barbuta dovrebbe essere trasformata in un “parco pubblico attrezzato, anche con la realizzazione di impianti sportivi nonché con i servizi locali previsti dagli Strumenti Urbanistici Vigenti a condizione che l’area sia liberata dai manufatti impropri e siano restaurati i casali esistenti”. Questo trova conferma nel Piano Regolatore Generale vigente del Comune di Roma, che prevede la destinazione della zona a verde pubblico. Inoltre, ritiene specificatamente incompatibili con l’area:

  • manufatti e attività di autodemolizione, attività di rottamazione e depositi di rottami;
  • attività e manufatti legati all’esercizio di rivendita e deposito di materiali edili;
  • occupazioni di suolo mediante deposito di materiale ed esposizioni di merci, compresi macchinari e automobili a cielo aperto;
  • attività e manufatti di tipo industriale e artigianale e quanto altro sia lesivo delle qualità ambientali o costituisca ostacolo al ripristino delle medesime.

A leggere questa particolare parte del documento, ci si domanda come sia possibile anche solo prendere in considerazione La Barbuta come sede per il trasferimento di 25 autodemolitori.

Il Piano Regionale di gestione dei rifiuti

Questo documento, datato 5 agosto 2020, individua i criteri di localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti speciali, categoria in cui ricadono gli impianti di demolizione, fissati prendendo in considerazione fattori escludenti (come i vincoli di cui abbiamo parlato finora), fattori di attenzione progettuale e fattori preferenziali. Tali fattori vengono individuati in tre macrogruppi di riferimento.

Aspetti ambientali

In questo gruppo ricade il primo vincolo di cui si è parlato, quello per “area di interesse archeologico”, ed è considerato fattore escludente.

Aspetti idrogeologici

Qui è considerato fattore escludente per la localizzazione il “sito in fascia di rispetto da punto di approvvigionamento idrico ad uso potabile”. In sostanza, la presenza della sorgente Appia con le sue fonti situate dall’altro lato della strada risulta essere un altro motivo che impedirebbe lo spostamento di attività come gli autodemolitori. Da sottolineare il fatto che nel piano idrogeologico regionale non sembra essere state definita una fascia di rispetto, come invece dovrebbe essere.

Aspetti territoriali

Il fattore escludente per gli aspetti territoriali comprende le “aree con interferenze visuali con grandi vie di comunicazione e percorsi di importanza storica e naturalistica”. In buona sostanza, la stretta vicinanza col tracciato dell’Appia Antica diventa un fattore determinante, così come lo fu nelle scelte che vennero fatte in occasione dei lavori per la costruzione dei tunnel del Raccordo Anulare che passano sotto l’Appia.

Come fattore di attenzione progettuale subentra la presenza dell’aeroporto, con i relativi Codici di Navigazione, piani di gestione rischi e Regolamenti.

Nel gruppo dei fattori preferenziali troviamo anche l’unico punto a favore, ovvero la morfologia pianeggiante dell’area.

I vincoli relativi all’aeroporto

L’aeroporto di Ciampino, da anni altro tema al centro di dibattiti sull’impatto ambientale e sulla salute della cittadina, in questo caso potrebbe essere d’aiuto. Gli aeroporti hanno anch’essi una serie di vincoli sulle zone limitrofe, per garantire la sicurezza della navigazione aerea attraverso l’individuazione degli ostacoli e dei potenziali pericoli.

Le mappe di vincolo

Le mappe di vincolo per gli ostacoli variano da aeroporto ad aeroporto, in funzione delle specifiche caratteristiche. L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) può ordinare l’abbattimento di ostacoli sulle superfici di vincolo, ma anche autorizzarne la costruzione o il mantenimento qualora restino in ombra rispetto a ostacoli inamovibili già esistenti. Può inoltre interdire attività specifiche e la realizzazione di manufatti che possano costituire un pericolo per la navigazione aerea. Queste mappe, prodotte da ENAC, Ente Nazionale per l’Assistenza di Volo (ENAV) e Aeroporti di Roma (AdR), vengono recepite dai Comuni interessati e applicate nella redazione degli strumenti urbanistici.

Considerando che a mettere in moto il Comune di Roma per spostare gli autodemolitori – dopo oltre 25 anni di dibattiti e promesse non mantenute – è stato l’incendio divampato nel luglio 2022 su viale Palmiro Togliatti, viene immediato pensare all’enorme controsenso che rappresenterebbe l’installazione di questo tipo di attività (che frequentemente lavorano materiali combustibili e infiammabili) proprio all’interno del cono di atterraggio della pista.

Come se non bastasse, l’utilizzo che solitamente si fa dei potenti magneti per lo spostamento delle carcasse metalliche potrebbe rappresentare un fattore di interferenza per le delicate strumentazioni di navigazione degli aerei.

Piani di gestione dei rischi aeroportuali e comunali

Sono documenti redatti con l’obiettivo di far fronte al rischio di incidenti aerei o di altra natura che possono avvenire nell’ambito degli aeroporti e rappresentano la seconda linea di tutela dopo le mappe di vincolo. In ciascun aeroporto viene quindi elaborato il Piano di Emergenza Aeroportuale (PEA), che analizza i rischi potenziali e pianifica le azioni di risposta al verificarsi dell’evento.

Questi piani si integrano con i Piani di Emergenza Comunale dei Comuni limitrofi, in quanto un incidente aeroportuale potrebbe influenzare anche loro. Questo avviene sia in termini di soccorso sia per dare e ricevere supporto in termini di viabilità, ed è proprio qui che la costruzione degli impianti di autodemolizione andrebbe a interferire.

Via di Ciampino, che collega l’Appia a Ciampino, è una strada già così molto trafficata, con migliaia di automobili che tutti i giorni vi circolano. La realizzazione di una serie di impianti di questo tipo comporterebbe un aumento del traffico di auto e mezzi pesanti e di conseguenza un ostacolo a questo Piano, in quanto renderebbe più difficoltoso l’arrivo dei mezzi di soccorso (si ricordi la presenza della stazione dei Vigili del Fuoco di Capannelle, probabilmente la più vicina e attrezzata per inviare rinforzi al distaccamento interno all’aeroporto).

Le conclusioni

Al netto di queste considerazioni, risulterebbe impensabile che il Ministero conceda la deroga al Sindaco Capitolino. Il condizionale, però, è d’obbligo. Perché vedendo i trascorsi avuti con il campo nomadi – che invece di essere rimosso per rispettare i vincoli è stato addirittura allargato – è necessario tenere alta la guardia, sia da parte dell’Amministrazione Comunale sia da parte della cittadinanza.

Diverse le forze politiche che si sono espresse sulla questione. Diritti in Comune è stata la prima a rivelare l’esistenza dell’ordinanza, definendo un “obbrobrio amministrativo” la richiesta del Sindaco di Roma. La Consigliera Daniela Ballico ha prontamente fatto eco, schierandosi contro l’amministrazione capitolina e invocando il ricorso al TAR da parte del Sindaco Colella. Anche la sezione ciampinese di Italia Viva si è espressa nel merito della questione, che ha definito le scelte delle istituzioni romane come “arroganti e irrispettose nei confronti dell’ambiente e dei cittadini” di Ciampino.

Dal canto suo, l’attuale Sindaco di Ciampino Emanuela Colella ha pubblicato un video sui social, in cui ritiene “scellerata” la decisione presa e promette battaglia in tutte le sedi competenti per far ascoltare le ragioni che rappresentano l’interesse della cittadinanza. Ha inoltre colto l’occasione per ricordare e richiedere l’unione di intenti fra tutti gli schieramenti politici locali, che a luglio si era manifestata con la votazione all’unanimità in Consiglio Comunale dell’ordine del giorno in cui si esternava la contrarietà alla scelta de La Barbuta come sito per la delocalizzazione e si chiedeva un tavolo di confronto. Ordine del giorno che è stato comunicato a tutte le amministrazioni coinvolte e che, ad oggi, risulta essere stato del tutto ignorato.

La diatriba rischia di risolversi con un ennesimo schiaffo alla cittadinanza, che rappresenterebbe una sconfitta su tutti i fronti.

Sarebbe una sconfitta per le istituzioni, che a vederle fare e disfare leggi e vincoli per la convenienza del momento perderebbero tutta la credibilità e la fiducia della popolazione.

Sarebbe una sconfitta per l’ambiente. Risulterebbe quantomeno assurdo, infatti, che in un’epoca in cui si chiede alle persone di fare importanti sacrifici in nome di una mobilità più sostenibile e della transizione ecologica (per esempio creando ZTL che mettono in difficoltà un’importante fetta della popolazione che non può permettersi di passare ad automobili di ultima generazione) si andasse poi a devastare il territorio dei propri vicini, magari proprio con le carcasse di quei catorci di cui ci si vuole sbarazzare con tanto zelo.

Sarebbe una sconfitta per la tutela del patrimonio archeologico e paesaggistico italiano, nel vedere tutti gli sforzi fatti in passato buttati nella spazzatura per poter dire di aver risolto un problema.

Sarebbe, soprattutto, una sconfitta per i cittadini di Ciampino, che si troverebbero nuovamente a fare la parte del “tappeto sotto il quale viene nascosta la polvere”. Una città che ha già una pletora di problemi di difficile soluzione non può vedersi accollare anche quelli dei propri vicini. La riqualificazione dei quartieri romani non può e non deve avvenire a discapito di chi, a questo punto, ha la sfortuna di confinarvi e avrebbe bisogno a sua volta di riqualificare il proprio territorio.

L’augurio è che al Ministero trionfi il buon senso, oltre alla giustizia.

Foto di Luis Quintero su Pexels